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Il Pd è il partito del fiscal drag

Il Pd è il partito del fiscal drag

Foto:Ansa.

Bastian contrario

Il Partito democratico chiede la restituzione del drenaggio fiscale, ma si oppone ogni volta che il governo lo fa attraverso il taglio dell'Irpef. Eppure tutte le analisi e gli studi di organismi indipendenti confermano che il governo Meloni lo ha restituito tutto a favore dei redditi più bassi

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O il Pd è il partito del fiscal drag oppure è un partito che non ha compreso cosa sia il fiscal drag. Non si capisce altrimenti come sia possibile che Elly Schlein un giorno chieda al governo di restituire il fiscal drag e quello dopo protesti contro il governo per il taglio delle tasse “ai ricchi”. Perché in realtà la riforma fiscale del governo Meloni esaudisce proprio la richiesta della segretaria del Pd.

Partiamo dal concetto di fiscal drag (o drenaggio fiscale). Si tratta di un meccanismo che si manifesta nei paesi con un sistema fiscale progressivo (come l'Irpef, nel caso dell’Italia, che ha aliquote crescenti) in presenza di inflazione: quando i prezzi aumentano in maniera generalizzata e le soglie fiscali (gli scaglioni) restano ferme, i contribuenti si ritrovano automaticamente a pagare più imposte sebbene il loro reddito reale sia aumentato.

In pratica, i contribuenti si ritrovano a pagare un’aliquota media più alta e il governo, senza fare nulla, incassa più soldi. Questo fenomeno è più intenso quanto più e alta l’inflazione, come è accaduto negli anni post-Covid. Il drenaggio fiscale, secondo vari calcoli, è stato pari a circa 25 miliardi. Nelle ultime settimane, sebbene con qualche anno di ritardo rispetto agli effetti del drenaggio fiscale, la campagna del del Pd si è fatta intensa. La restituzione del drenaggio fiscale è diventata una priorità assoluta. “Il governo ha incassato dal ceto medio 22 miliardi di tasse in più, è il drenaggio fiscale. Meloni dovrebbe cominciare da qui, restituire a lavoratori e pensionati queste risorse”, ha detto Schlein. “La vera priorità deve essere restituire il fiscal drag” ha dichiarato Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd. “Serve una revisione dell’Irpef che protegga i contribuenti dal drenaggio fiscale” ha detto il responsabile Economia Antonio Misiani.

Ma a chi deve essere restituito questo fiscal drag? Proprio a quei contribuenti “ricchi”, ovvero con reddito sopra a 35 mila euro, a cui il Pd non vuole che il governo riduca l’Irpef. Tutte le analisi e gli studi di organismi indipendenti, dalla Bce alla Banca d’Italia fino all’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), come abbiamo più volte ricordato su queste colonne, confermano che il governo Meloni ha restituito tutto (forse anche qualcosa in più) il drenaggio fiscale, attraverso gli interventi introdotti per attenuare l’impatto dell’inflazione (i più rilevanti sono stati il taglio della seconda aliquota Irpef dal 25 al 23 per cento e la decontribuzione per i redditi fino a 35 mila euro). “Si può stimare che gli interventi disposti nel periodo 2022-25 abbiano più che compensato l’impatto negativo esercitato sui redditi delle famiglie dal drenaggio fiscale e dall’erosione dei trasferimenti”, sostiene la Banca d’Italia confermando i risultati di uno studio della Bce (“Il fiscal drag in Italia è stato più che pienamente compensato”).

Il problema, però, è che il fiscal drag non è stato sterilizzato ma redistribuito. Non tutti sono stati rimborsati esattamente del maltolto: c’è chi ha avuto di più e chi di meno. Secondo le analisi della Banca d’Italia e dell’Upb, i benefici fiscali introdotti dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti finora sono stati concentrati prevalentemente sulle fasce di reddito basse e medie, che quindi hanno ricevuto di più di quanto era stato loro sottratto attraverso il fiscal drag. Al contrario, i redditi sopra i 35 mila euro fino a questo momento sono stati penalizzati: ha pagato attraverso il fiscal drag i benefici netti ottenuti dai più poveri. Ed è esattamente a questi contribuenti, che finora ha spremuto, che il governo si rivolge con il taglio dell’aliquota Irpef dal 35 al 33 per cento per i redditi tra 28 e 50 mila euro.

Se fosse coerente con ciò che sostiene, il Pd dovrebbe essere d’accordo. Al limite dovrebbe denunciare che il taglio è insufficiente a compensare il fiscal drag. E invece no. “Il taglio dell’Irpef del governo Meloni è un regalo ai più ricchi”, dice Schlein. “Il governo Meloni regala miliardi ai redditi più alti: i ricchi ricevono di più, i poveri restano soli”, tuona il presidente dei senatori dem Francesco Boccia. “Altro che aiuto al ceto medio: il taglio Irpef va alle famiglie più ricche”, commenta Misiani.

L’avversione al taglio dell’Irpef non è una novità, il Pd era contrario l’anno scorso quando il governo tagliò di 2 punti l’aliquota per i redditi tra 15 e 28 mila euro. “Chiediamo di mettere quei 4,3 miliardi nella sanità pubblica”, diceva Schlein. Ogni volta che il governo ha “restituito” il fiscal drag tagliando l’Irpef, il Pd si è sempre opposto. Difficile pensare che nel Pd non abbiano capito cosa sia il drenaggio fiscale e chi lo ha pagato, soprattutto perché tra i sui dirigenti ci sono personalità competenti in materia.

Semplicemente, il Pd vuole usare l’extratassa sui redditi per la spesa pubblica invece che restituirla: è il partito del fiscal drag.

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