Il nucleare torna in gioco per l’industria italiana

L’Italia torna a riflettere seriamente sul nucleare come opzione concreta per la sicurezza energetica e la decarbonizzazione. A indicarlo è il rapporto “Lo sviluppo dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale”, promosso da Confindustria ed Enea, che evidenzia come le tecnologie di nuova generazione, in particolare gli Small modular reactor (Smr) e gli Advanced modular reactor (Amr), siano oggi in grado di offrire elettricità programmabile, stabile e competitiva, con benefici ambientali ed economici rilevanti.
Accanto agli aspetti energetici, emerge con forza anche il potenziale industriale. Lo sa bene il comparto delle fonderie italiane, rappresentato da Assofond, che ha espresso una posizione chiara e favorevole sul ritorno del nucleare. “Il nucleare rappresenta una tecnologia abilitante per la decarbonizzazione, ma anche un presidio fondamentale per la competitività dell’industria italiana”, afferma Fabio Zanardi, presidente dell’associazione. “Nel medio-lungo periodo, la disponibilità di energia a prezzi accessibili, stabili e prevedibili è condizione necessaria per la sostenibilità economica dei settori a più alta intensità energetica, tra cui il nostro”.
Le conclusioni del rapporto, presentato a luglio, sottolineano come il rilancio del nucleare richieda un approccio integrato: un quadro normativo snello e coerente con gli standard europei, una cabina di regia nazionale, investimenti in ricerca e formazione, e soprattutto una visione di lungo periodo. Il recente disegno di legge approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri – che conferisce al governo la delega per normare la produzione di energia nucleare sostenibile – va in questa direzione. Secondo il rapporto, se il primo impianto entrasse in funzione nel 2035, l’Italia potrebbe avviare una flotta di reattori in grado di stabilizzare il sistema elettrico, ridurre la dipendenza energetica dall’estero e contenere i costi per famiglie e imprese.

Ma il nucleare è anche filiera, competenze, export. E qui le fonderie italiane giocano già oggi un ruolo rilevante, con la produzione di componenti ad alta complessità tecnica per centrali e impianti. Sistemi di controllo, pompe, valvole, supporti strutturali: sono solo alcune delle applicazioni in cui le fonderie specializzate operano da anni con standard qualitativi conformi all’industria nucleare. “Anche se ad oggi si tratta di un ambito di nicchia, il ritorno del nucleare in Italia aprirebbe nuovi scenari industriali”, prosegue Zanardi. “Un programma coerente e di lungo periodo permetterebbe alle nostre aziende di inserirsi in modo strutturato nella catena del valore, generando ricadute industriali e occupazionali dirette”.
Un esempio concreto arriva da Safas, azienda vicentina con oltre quarant’anni di esperienza nel settore, oggi tra i principali produttori europei di getti in acciaio per applicazioni nucleari. “Produciamo corpi pompa per i circuiti primari delle centrali di nuova generazione”, spiega l’ad Matteo Pasqualotto. “Nel tempo abbiamo contribuito al programma nucleare francese e tedesco, fornendo componenti a impianti in tutto il mondo. È un settore dove la specializzazione conta: lavoriamo secondo protocolli rigorosi di controllo qualità, con personale altamente qualificato e processi certificati”.
Il report Confindustria–Enea stima che un rilancio del nucleare possa generare circa 117.000 nuovi posti di lavoro, di cui 39.000 direttamente nella filiera. In Italia, oltre 70 imprese operano già nel settore, in ambiti che spaziano dalla progettazione di reattori alla manutenzione degli impianti, dalla costruzione di componenti alla ricerca sui materiali. Un patrimonio industriale e tecnologico che non è andato disperso dopo la chiusura del programma nazionale, ma che oggi può essere valorizzato per intercettare una domanda in crescita anche a livello internazionale. Non a caso, il documento propone un piano in tre fasi: il posizionamento strategico della supply chain con partnership e finanziamenti mirati; la realizzazione dei primi impianti con pieno coinvolgimento della filiera nazionale; infine, l’ampliamento del parco reattori, con incentivi per le utility e per gli utenti industriali che adotteranno calore e idrogeno di produzione nucleare.
Al centro del modello auspicato, la neutralità tecnologica: non privilegiare una fonte sull’altra, ma scegliere in base agli obiettivi – decarbonizzazione, sicurezza, competitività – e alle soluzioni più efficaci. Il nucleare non si propone come antagonista delle rinnovabili, ma come elemento complementare e abilitante. E, per molte imprese energivore, potrebbe rappresentare l’unico modo per sopravvivere in un contesto in cui i prezzi dell’energia restano troppo volatili.
La Repubblica