Voci dalla Francia (e non solo) raccontano di un ritorno di fiamma di Vivendi per Gedi. Elkann pensa


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Risiko e giornali
Il riserbo è d'obbligo, ma l'ingresso di Vincent Bolloré nel gruppo editoriale potrebbe rappresentare il collegamento internazionale che l’erede Agnelli va cercando da tempo
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La Repubblica e la Stampa parleranno francese? Messa così è una storia da far venire l’orticaria al governo. Di male in peggio, dopo le tensioni con John Elkann (c’erano di mezzo le fabbriche Stellantis e la lotta continua con il direttore Maurizio Molinari) arrivano gli avversari storici della destra italiana? E’ vero che questa volta non c’entra Emmanuel Macron, ma al contrario un suo nemico giurato, niente meno che Vincent Bolloré patron di Vivendi che si era speso e aveva speso prima per Éric Zemmour poi per Marine Le Pen. Ma se possono essere contenti sia Giorgia Meloni sia Matteo Salvini, lo stesso non si può dire di Forza Italia: non bisogna dimenticare che Bolloré è colui che ha pugnalato alla schiena l’amico Silvio Berlusconi, come dicono alla Fininvest. Prima di schierare le truppe, però, vediamo di che si tratta. Se ne parla in realtà dall’anno scorso e anche il Foglio ne aveva scritto. John Elkann dopo aver ceduto, pagina dopo pagina, gran parte dei giornali del Gruppo Gedi acquistato cinque anni fa dalla Cir della famiglia De Benedetti, vuole uscire del tutto, ma uscire con stile e con quell’allure internazionale al quale tiene in modo particolare.
Sono emerse varie proposte un po’ vere un po’ artefatte e sono affiorati appetiti veri (tra gli altri si era parlato anche di Angelucci, ormai editore di riferimento della destra al governo). Aveva preso consistenza e credibilità l’ipotesi di una cordata guidata da un manager che di editoria s’intende come Carlo Calabi, già amministratore delegato della Rizzoli-Corriere della Sera e del Sole 24 Ore. Ne faceva parte anche la Lettera43 edita da Paolo Madron. Si era parlato anche di Luigi Bisignani, che però aveva smentito. A supporto finanziario, la Risanamento (nomen omen), società immobiliare milanese presieduta e amministrata appunto da Calabi, il suo pacchetto azionario è per il 48,8 per cento posseduto da Intesa Sanpaolo e per il 22,2 per cento da Unicredit. Possiede, in particolare, due grandi aree post industriali alla periferia e nell’hinterland milanese: l’ex Montecity a Rogoredo, ribattezzata Santa Giulia e l’area ex Falck a Sesto San Giovanni, la più grande area dismessa d’Italia. I progetti urbanistici, firmati il primo da Norman Foster e il secondo inizialmente da Renzo Piano, poi uscito, hanno camminato a fatica. Voci e controvoci, tira e molla, si era andati avanti per tutto il 2024. Sennonché nei primi mesi di quest’anno si è aperta la finestra europea, con l’aggancio di Vivendi (anche se mai confermato ufficialmente). Uno degli ostacoli principali riguardava il pasticcio Tim-Mediaset dal quale Bolloré e figli volevano uscire dopo aver perso oltre 4 miliardi e mezzo di euro. Ora la quota della telefonica è passata quasi tutta a Poste Italiane mentre l’anno prossimo si dovrebbe chiudere anche la querelle giudiziaria con Mediaset.
Dunque, l’operazione Gedi può rimettersi in moto. Secondo alcune fonti contattate dal Foglio è ripresa in modo concreto, anche se il riserbo è d’obbligo; altre sostengono che siamo tuttora in fase di surplace, anche perché sono in gioco oltre ai soldi anche gli umori dei protagonisti, non solo Elkann, ma Yannick Bolloré erede insieme al fratello Cyrille e artefice della ritirata italiana. Vivendi non entrerebbe con una quota tale da diventare l’actionnaire de référence, ma offrirebbe il collegamento internazionale che l’erede Agnelli va cercando. Jaki, come lo chiamavano un tempo (oggi chi non è di famiglia si rivolge a lui con l’appellativo di ingegnere), aveva pensato di creare un gruppo editoriale internazionale (possiede il 43,4 per cento dell’Economist come investimento personale, fuori da Exor), ma la crisi del settore è stata più forte dei desiderata.
L’addio alla Rcs non è stato compensato dalla Gedi che ha continuato a perdere, nonostante un drastico dimagrimento: via i giornali locali, l’Espresso, il Secolo XIX, restano la Repubblica, la Stampa, le radio (Deejay e Capital), HuffPost e Manzoni, la più antica concessionaria di pubblicità (anche il Foglio è suo cliente) che interessa in particolare a Vivendi. Il gruppo francese possiede Havas, multinazionale di pubblicità e relazioni pubbliche, Hachette (Paris Match, Elle) e quel che resta del gruppo Lagardere media, più la televisione con Canal+, ma soprattutto la musica con l’americana Universal. Siamo a un giro d’affari da dieci miliardi di euro. Gedi ha chiuso il 2024 con 224 milioni di fatturato e 15 milioni di perdite. Insomma, urge una via d’uscita. Restate sintonizzati.
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