Crisi d’impresa, la composizione negoziata può fare la differenza

La crisi aziendale non è una sentenza definitiva. E la composizione negoziata può essere una strada concreta per evitare il peggio e salvare, com’è accaduto, migliaia di posti di lavoro (circa 18mila in Italia finora), agendo con tempestività e con l’aiuto di esperti qualificati: ha tempi rapidi, costi contenuti e vantaggi in termini di continuità aziendale. È il messaggio emerso dalla tavola rotonda “Oltre la crisi. Dialogo aperto sulla composizione negoziata”, promossa dalla Camera di Commercio di Pordenone-Udine nella sua Sala Valduga, dove si sono confrontati pubblicamente tutti gli attori coinvolti nella procedura: professionisti, esperti, giudici, creditori (a partire da Agenzia delle Entrate e banche) e imprese. Nel bilancio del convegno, una convinzione condivisa: la composizione negoziata è uno strumento giovane, ma già fondamentale. Richiede formazione, consapevolezza, responsabilità. E chiama in causa il sistema camerale, che ne è promotore e facilitatore. Per questo – come ha evidenziato Micaela Sette, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Udine e consigliere Cciaa Pn-Ud che ha fatto da padrona di casa – occasioni come questa tavola rotonda «mettono in dialogo tutti i protagonisti e mostrano che uscire dalla crisi, oggi, si può. In questo, anche gli Ordini professionali possono fare molto, per esempio aiutando a individuare gli esperti più qualificati per essere d’aiuto alle imprese».
Moderato dal giornalista de Il Sole 24 Ore Giovanni Negri, l’incontro ha analizzato potenzialità e criticità dello strumento che, per il territorio di competenza della Cciaa Pn-Ud, da novembre 2021 a oggi ha visto la presentazione di 39 istanze, 18 delle quali da parte di Srl, 9 da parte di Sas e 8 da parte di Spa. A prevalere sono le imprese del settore del manifatturiero e del commercio e servizi: entrambi i comparti hanno espresso istanze di 13 imprese ciascuno; a seguire le costruzioni, con 7 istanze. La maggioranza delle richieste, cioè 20, arriva da imprese con meno di 10 dipendenti. Al momento, sono 17 su 39 le procedure di composizione negoziata che si sono concluse, mentre le restanti sono ancora in corso. Sette si sono chiuse con esito negativo nei 180 giorni, quattro sono state archiviate su richiesta dell’imprenditore e una per mancanza di concrete prospettive di risanamento. Con una nota positiva, invece, tre delle istanze si sono concluse tramite contratto con i creditori con continuità aziendale (di almeno due anni), una con richiesta di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e una con accordo sottoscritto dall’imprenditore e dai creditori e dall’esperto. A presentare i dati nazionali è stato invece Sandro Pettinato, vicesegretario generale di Unioncamere, che ha evidenziato come la composizione negoziata sia il primo strumento di risoluzione delle crisi d’imprese: le istanze attivate in Italia sono 2.765, con un incremento del 49% nell’ultimo semestre e un tasso di successo in crescita fino al 22,5%. «È uno strumento rapido, efficace, poco costoso, con vantaggi in termini di continuità aziendale, è totalmente digitale – ha detto Pettinato –. Se non si arriva all’ultimo secondo, la crisi ha altissime probabilità di essere risolta».
«La dimensione dell’impresa resta uno dei nodi centrali. Le composizioni negoziate funzionano molto meglio per aziende strutturate, sopra i 200 dipendenti», ha evidenziato Massimiliano Ciarrocchi di Confindustria Alto Adriatico e vicepresidente della Cciaa della Venezia Giulia – nonché membro della Commissione regionale per la nomina degli esperti –. Peccato, ha detto, che la maggior parte delle imprese italiane sia di dimensione piccola e micro, su cui dunque resta il grande lavoro da fare. Le piccole imprese, infatti, spesso non riescono a costruire piani adeguati o temono ripercussioni reputazionali. Secondo Massimo Zappalà, docente di Diritto delle Crisi all’Università di Padova, tutto scaturisce dagli «adeguati assetti organizzativi» richiesti dalla norma. Serve, dunque, un cambio radicale di prospettiva. Centrale, in tutto questo, il ruolo dell’esperto, figura terza e indipendente che accompagna l’impresa nella costruzione del piano. Lo ha ribadito Alberto Cimolai, commercialista e in prima persona negoziatore di grande esperienza: l’esperto non è un semplice supervisore, ma il garante dell’intero processo. Deve conoscere l’azienda, capirla, validare soluzioni reali e non teoriche.
Quindi il punto di vista dei creditori: Marco Stagni, responsabile dell’Ufficio crediti anomali di Credifriuli, ha portato la testimonianza del sistema bancario, mentre Dorotea Polizio dell’Agenzia delle Entrate ha spiegato l’approccio dell’ente, specificando cosa ci si aspetta dall’imprenditore e cosa si dovrebbe fare per una buona riuscita. A rafforzare questo punto è intervenuto anche l’avvocato Luca Filipponi, che ha richiamato l’importanza dell’intervento correttivo al codice della crisi del settembre 2024 nel modificare profondamente il quadro per gli attori bancari. È necessario un cambiamento culturale: le imprese devono far emergere la crisi ai primi segnali.
İl Friuli