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Con dazi al 15% per l'Italia una stangata da 23 miliardi

Con dazi al 15% per l'Italia una stangata da 23 miliardi

Una stangata da quasi 23 miliardi di euro per l'export italiano negli Usa, col Made in Italy che vedrebbe cancellare un terzo delle sue vendite nel mercato statunitense. Le cifre sono appese al negoziato fra l'Europa e Trump, con molti dettagli - esenzioni di prodotti, settori colpiti più di altri - ancora da definire. E con l'incognita del tasso di cambio, un dazio occulto con gli Usa che si avvantaggiano di una svalutazione del 13,5% del dollaro da inizio anno che rende le loro esportazioni automaticamente meno costose.

Ma sarebbe questo, secondo una simulazione del Centro Studi Confindustria, il conto da pagare nel caso di dazi al 15%: 22,6 miliardi di minor export negli Usa per le imprese italiane, perdite che solo in parte verrebbero compensate da maggiori vendite fino a 10 miliardi degli esportatori italiani nel resto del mondo. E che colpirebbero un po' tutti, dall'alimentare alle auto, ma soprattutto macchinari e farmaceutica in valore assoluto.

Le ipotesi sottostanti alla simulazione sono diverse e andranno verificate alla prova dei fatti. La prima è che i dazi americani sarebbero uguali su tutti i prodotti Ue, senza differenze settoriali, e del 10% su tutti i prodotti dal resto del mondo: uno scenario sul quale pende come una spada di Damocle la recente rottura fra l'amministrazione Trump e il Canada. Altra ipotesi è una svalutazione del 13,5% del dollaro sull'euro da inizio 2025, equivalente a -10% sulla media 2024: qui entrano in gioco le prossime scelte delle banche centrali, con la Fed che resta alla finestra per valutare l'impatto dei dazi sull'inflazione americana. Confindustria, poi, ragiona su una incertezza geoeconomica che resterebbe ai massimi storici, soprattutto negli Usa dove gli indici puntano su un +300% all'inizio di luglio rispetto a fine 2024.

Certo è che la corsa al protezionismo scatenata da Trump smuove cifre enormi per un'economia esportatrice come quella italiana. E le capitali europee - il voto sulle misure ritorsive e anti-coercizione in definita spetta ai Governi nazionali - cercano di limitare i danni e finora sono timide nell'evocare ritorsioni dolorose come ad esempio una tassazione sulle multinazionali di Big Tech che si avvicini a quella delle piccole e medie imprese. Secondo il Csc, un punto percentuale in meno di dazi o un punto in meno di svalutazione del dollaro equivale a circa un miliardo di export italiano negli Usa in più: con dazi al 10% o dollaro in risalita del 5% sull'euro, l'export italiano negli Usa ridurrebbe le perdite a -17,6 miliardi. "Il più grande dazio che già abbiamo è quello della svalutazione che sarà ancora più alta. La percentuale accettabile è zero", aveva detto il presidente di Confindustria Emanuele Orsini una settimana fa. Parole che dicono che sarà comunque amaro, per i settori produttivi, digerire quello che la politica cercherà di descrivere come il migliore degli accordi possibili con Trump.

ansa

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