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Banca d’Italia, il risiko bancario e il golden power

Banca d’Italia, il risiko bancario e il golden power

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Buona lettura,

Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica

Lo stato di salute del sistema bancario italiano è stato trattato in un capitolo della Relazione annuale della Banca d’Italia, che il governatore Fabio Panetta, ha riassunto nelle sue Considerazioni finali la scorsa settimana. E spiega come mai sia in atto un consolidamento del settore.

Da tanti a pochi. Alla fine del 2024 il sistema bancario era composto da 134 intermediari, quando dieci anni fa erano ben 510. Di questi, però, solo 12 sono classificati come significativi nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico.

Una bassa concentrazione. A loro è riconducibile oltre l’80% del totale degli attivi del sistema, un grado di concentrazione più basso rispetto a quello degli altri principali Paesi europei, perché ad eccezione della Germania che è intorno al 50%, Francia e Spagna viaggiano sopra il 90%.

Una valanga di utili. A questo scenario si deve aggiungere che negli ultimi tre anni tutte le banche hanno macinato utili su utili grazie al rialzo dei tassi da parte della Banca centrale europea.

Il Roe. Il rendimento del capitale (Roe, Return on equity) è arrivato ai massimi dal 2008, salendo dal 12,3% del 2023 al 12,8% del 2024. Ma le banche sistemiche, ovvero quelle più grandi, hanno fatto ancor più soldi con un Roe del 13,8%.

Unicredit e Banca Intesa, tanto per fare due esempi, hanno registrato utili rispettivamente per 9,3 e 8,6 miliardi di euro, con lauti dividendi per gli azionisti.

I motivi. Secondo l’analisi della Banca d’Italia, il miglioramento della redditività è dovuto a due motivi: 1) l’incremento delle commissioni (9,5%), in particolare quelle derivanti dal risparmio gestito, e in misura minore 2) l’aumento del margine di interesse (3,7%).

Le parole di Panetta. “Tre anni di forti profitti – ha spiegato Panetta nelle Considerazioni - hanno messo a disposizione delle banche risorse significative, oggi impiegate per avviare iniziative che ridurrebbero la frammentazione del mercato creditizio italiano, avvicinandone il grado di concentrazione a quello degli altri principali Paesi europei”.

Le offerte in corso. Sono nate così l’offerta di Banco Bpm su Anima (conclusasi positivamente) per accaparrarsi le commissioni sul risparmio gestito di Anima, l’Ops di Monte dei Paschi su Mediobanca che punta al controllo del risparmio custodito in Generali, quella di Mediobanca su Banca Generali per creare un campione del wealth management, l’offerta di Unicredit sullo stesso Banco Bpm per aumentare la sua quota in Italia, quella di Bper sulla Banca Popolare di Sondrio per una complementarietà territoriale e una identità di azionisti di controllo e infine la scalata di Banca Ifis che punta alla diversificazione comprando Illimity.

Un passaggio cruciale. Panetta riconosce che le aggregazioni sono un momento estremamente delicato e ritiene che debbano servire a rafforzare gli intermediari: “è necessario - dice - che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore”.

Ma cosa intende il governatore Panetta per valore? E’ spiegato in tre i punti: offrire a imprese e famiglie 1) finanziamenti adeguati per quantità e costi 2) strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque 3) servizi qualificati e innovativi, coerenti con le esigenze di sviluppo del Paese.

Il punto centrale. Sono tre impegni che dovrebbero sostenere la crescita del Paese e tra tutti, quello che salta più all’occhio ed è più facilmente identificabile è il primo, ovvero il credito a imprese e famiglie. Che è anche un paragrafo all’interno della Relazione annuale di Banca d’Italia.

I dati non sono incoraggianti. Nel corso del 2024 i prestiti sono diminuiti complessivamente dell’1,2%, ma la riduzione ha riguardato soprattutto le aziende (-2,6%) e fra queste le più colpite sono state le imprese piccole e medie (-6,8%).

Le colpe delle imprese... Banca d’Italia addossa i motivi di questa contrazione in parte alle imprese sostenendo che hanno avuto meno esigenze di credito per i finanziamenti e hanno fatto un ricorso maggiore all’autofinanziamento.

… e quelle delle banche. Ma in parte deve anche riconoscere che il costo del credito, aumentato con la crescita dei tassi, abbia allontanato le imprese e che le banche non prestino volentieri alle aziende medie e piccole perché giudicate “più rischiose e meno trasparenti”.

Le autorizzazioni al risiko. Banca d’Italia nel dare via libera alle operazioni di aggregazione, sebbene li ritenga fondamentali, non prende in considerazione la tipologia degli impieghi, ma verifica, in collaborazione con la Bce e l’Ivass, l’Authority sulle assicurazioni, solo che ogni operazione rispetti “la normativa prudenziale italiana ed europea, e che gli intermediari risultanti siano solidi sul piano patrimoniale, della liquidità e del governo dei rischi”.

Il diavolo è nei dettagli. Tra queste pieghe ha pensato bene di inserirsi il governo che utilizzando lo strumento del golden power ha alzato la paletta degli impieghi non su tutte le offerte in corso, ma solo per fermare Unicredit su Banco Bpm.

Il testo del Dpcm. Nel Dpcm proposto dal Mef e approvato dal governo sul golden power, si legge pari pari che “i poteri attribuiti all’autorità di vigilanza non appaiono idonei a mitigare i rischi connessi ad una potenziale riduzione degli impieghi effettuati in Italia in quanto come emerso dall’audizione della Banca d’Italia, la vigilanza bancaria valuta la solidità finanziaria del progetto di acquisizione e più in generale la sana e prudente gestione delle banche”.

Le prescrizioni. Ecco allora la necessità che il governo ha sentito di prescrivere a Unicredit di mantenere lo stesso rapporto tra depositi e impieghi di Banco Bpm e di tenere in Anima la stessa asset allocation in titoli di emittenti italiani.

L’eccezione. Non si capisce, visto l’andamento al ribasso dei prestiti alle imprese certificato da Banca d’Italia, perché questa raccomandazione a Unicredit non sia stata estesa a tutte le offerte in corso. E così anche per i titoli in portafoglio.

L’ultima parola sugli impieghi. Ma comunque, qualsiasi cosa scriva il governo, l’ultima parola spetta ancora alla Banca d’Italia. Perché, come spiega il governatore nelle Considerazioni finali, “le politiche di impiego non incidono sulla solidità finanziaria e la prudente gestione”, solo se sono effettuate “nel rispetto delle regole di vigilanza”.

Come dire che non si può imporre a una banca una politica di prestiti predefinita o di acquisto di titoli, perché si rischia di minare la sua solidità patrimoniale e la sua gestione prudenziale.

La Repubblica

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